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Turismo, un bene comune

Il rapporto tra la comunità dei residenti e la comunità dei viaggiatori è uno dei fondamenti ideali di una politica del turismo che voglia essere efficace anche nei fatti.

di Lucia Iannucci
Gennaio 2023

Dove va il turismo in Italia è perenne oggetto di discussione nelle sedi più varie, appropriate o meno. Dove vanno i turisti è un’altra faccenda, e chi si pone questo interrogativo spesso ha un approccio molto più concreto: sono gli amministratori, gli imprenditori, gli operatori che gestiscono un territorio o un contesto e vogliono promuoverlo sul mercato.
Sì, ma quale mercato, cioè quali turisti? E come fare in modo che una destinazione emerga e si affermi in un panorama di proposte quanto mai affollato e competitivo? La risposta può arrivare solo da un’organizzazione territoriale sistematizzata, in cui tutti coloro che rappresentano l’economia e la vita stessa dei luoghi partecipano all’obiettivo comune dell’accoglienza dei visitatori. In mezzo c’è un percorso che va costruito in ogni suo aspetto, c’è un pubblico potenziale da individuare, ci sono beni e servizi che vanno resi fruibili, c’è una comunicazione da impostare, ci sono idee che circolano, lavoro, impegno.

Le attività di organizzazione del territorio per renderlo appetibile e fruibile presentano aspetti tecnici che richiedono la convergenza e la collaborazione di numerose professionalità e competenze, ognuna con la sua specializzazione o il suo eclettismo. Su un piano più ideale ma con risvolti non meno concreti, invece, è interessante chiedersi che cos’è il fenomeno turistico. Di definizioni e di teorizzazioni ne troveremmo a decine, espressione di molti e diversi punti di vista: c’è però un elemento che accomuna ogni forma di viaggio e di vacanza, cioè il rapporto tra la comunità dei residenti e quella dei visitatori. Creare, alimentare e innovare questo rapporto è uno dei fondamenti di qualsiasi politica del turismo che voglia essere efficace anche nei fatti.

In questa direzione va ad esempio il progetto Medusa come supporto alla crescita del turismo sostenibile attraverso la formazione di coloro che operano nel settore o che vorrebbero accedervi, con l’ulteriore effetto di stimolare nei luoghi stessi una diversa e più attiva percezione del fenomeno turistico. Per partecipare al benessere del territorio creando legami virtuosi e solidi con il tessuto sociale e produttivo, il turismo dovrebbe cioè diventare quotidianità per tutti gli abitanti, non solo per i gestori e gli imprenditori. Questo approccio, oltretutto, favorisce l’ingresso nel circuito economico di attività e iniziative che tendono a rimanere ai margini, aiuta a creare nuove prospettive (non da ultimo per i giovani) e agevola uno sviluppo dell’offerta più integrato, qualitativamente migliore e perciò con migliori possibilità di richiamare l’attenzione dei tanti visitatori potenziali.

Superando la dimensione ideale, si tratta dunque di scegliere e di calibrare un modello di gestione e di sviluppo incentrato sui valori che caratterizzano il luogo e lo rendono capace di rispondere alla domanda turistica, più o meno segmentata. Il criterio numerico dei posti letto, che pure ha una sua validità innegabile, troppo spesso diventa un parametro direttamente collegato alla redditività, confondendo la capienza e le presenze con la capacità di accogliere. Al contrario, è il contesto nella sua interezza e autenticità che deve farsi motivazione primaria di scoperta, offrendo al visitatore quelli che potremmo chiamare “posti natura”, “posti cultura”, “posti enogastronomia”, “posti tradizione” e così via.
In questo modo si può concretizzare anche un percorso verso la destagionalizzazione, pochissimo amata e praticata nelle aree costiere che già sono soddisfatte di quanto ricavano in quattro o cinque mesi. Le opportunità e la fruibilità su tutto l’arco dell’anno sono invece un punto di forza per le aree interne, che possono agganciare una varietà di interessi e di target proprio grazie al fatto di non focalizzarsi solo sugli standard del turismo balneare.

C’è un altro motivo per cui l’esperienza da proporre al turista ha bisogno della collettività, ed è il turista stesso: accoglierlo non come consumatore dei luoghi ma come “cittadino temporaneo” lo inserisce nel circuito della reciprocità e lo rende, a modo suo, compartecipe dell’organizzazione stessa. Questo coinvolgimento ha almeno due possibili effetti: consolida il rapporto, favorendo il ritorno nei luoghi, e trasforma il visitatore in potenziale ambasciatore all’interno della propria cerchia.
Si può facilmente rispondere che qualsiasi luogo è suscettibile di diventare oggetto di affezione, anche solo per comodità o per abitudine, e che il passaparola è una forma molto comune di pubblicità indiretta. Tuttavia, per le destinazioni meno conosciute o che addirittura rimangono al di fuori del movimento turistico pur avendo le prerogative per farne parte, la reciprocità è il valore in più che ne fa crescere la qualità ricettiva e ne fa emergere la peculiarità e l’unicità.

Accogliere il turista, insomma, significa creare le condizioni per una fruizione che sia prima di tutto emozione, piccola o grande purché vera, fonte di meraviglia e di conoscenza: non un “prodotto turistico” in senso stretto, fosse pure il più completo ed elaborato, ma un modo personale, attivo e propositivo di vivere i luoghi e di interagire con ciò che offrono. Natura, paesaggi, storia, arte, cultura, tradizioni sono beni che si trovano ovunque, ma poterli sentire e fare propri anche da viaggiatore e da visitatore grazie a una politica gestionale inclusiva è un arricchimento sostanziale dell’esperienza che rende veramente il turismo un bene comune.

L’altro Gargano

Un tappeto di foglie in tutte le sfumature del rosso e del giallo ai piedi degli alberi spogliati dall’avvicinarsi dell’inverno. La pioggia, troppo leggera per infastidire in una giornata che non è davvero fredda anche se siamo a metà dicembre. Le pendici di due colline sassose che si incrociano a triangolo inquadrando sullo sfondo uno scorcio di mare grigio. È l’altro Gargano, quello interno, quello che sulla costa ci arrivi in venti minuti ma a tirare dritto non sai che ti perdi.
Certo, San Giovanni Rotondo lo conoscono tutti anche ben al di fuori dei confini nazionali, e la devozione per Padre Pio è un richiamo formidabile. D’altronde, questa è una terra intrisa di sacralità: siti noti e frequentati da secoli se non da millenni sono il santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, l’abbazia di Santa Maria di Pulsano, il santuario di San Matteo Apostolo a San Marco in Lamis, mete di pellegrinaggio e scrigni d’arte e di cultura oggi come un tempo.
I grandi luoghi di fede non sono però l’unica attrattiva, e nemmeno la più antica, di un territorio che centoventi milioni di anni fa era popolato dai dinosauri: le loro impronte sono stampate nelle rocce di Borgo Celano, dove un parco e un museo raccontano la preistoria e le complesse vicende geologiche del promontorio garganico. Centinaia di grotte traforano la montagna, come la grava di Campolato, che si sviluppa per più di un chilometro fino a raggiungere i 303 metri di profondità, o la grotta di Montenero intarsiata di stalattiti, stalagmiti, evocative figure di calcare. E poi ci sono i paesaggi, i sentieri, i boschi, la macchia, la natura rigogliosa della Foresta Umbra tutelata dal Parco Nazionale del Gargano, in un ambiente ideale per gli itinerari a piedi, su due ruote, a cavallo. Senza trascurare le tante altre opportunità che ogni paese e ogni borgo sono ansiosi di offrire al visitatore: piccoli musei, edifici storici, botteghe artigiane, appuntamenti della tradizione, aziende che tramandano e tutelano la genuinità dei prodotti locali. Un patrimonio autentico e generoso da vivere tutto l’anno, secondo natura e secondo cultura: ogni stagione, ogni periodo ha i suoi colori, i suoi profumi, la sua colonna sonora e anche i suoi sapori, perché qui il cibo è un’esperienza impossibile da rifiutare e difficile da interrompere.
Ad incorniciare il quadro, un’ospitalità calorosa e attenta che non è solo professionalità delle strutture ricettive ma desiderio di coinvolgere l’ospite, di fargli comprendere che cos’è l’altro Gargano: un motivo in più, se ce ne fosse bisogno, per andare alla scoperta di una terra che sa sorprendere, meravigliare ed emozionare. (LI)